lunedì 21 luglio 2008

tratto dal mio primo bestseller

"Racconto il come se stesse accadendo. Perchè delle volte la vita che accade perde di meraviglia e allora si rimpiange l'aver fatto ricorso alle parole. Quanto più incisivi sono gli sguardi! In essi risiede una poesia furtiva e libera dalle ipocrosie. Poichè di mille persone che ci sfrecciano accanto nei dedali della vita, ce n'è sempre una che al nostro sguardo, proteso come una sentinella, ed in guardia, ingenuamente piace. Sam aveva gli occhi azzurro stagno, un cappello verde e una sottile linea d'ombra a dividergli il volto, come una sorta di tacito confine, che certi giorni aveva la stessa consistenza del timore, e certi altri assumeva invece le sembianze di un'assurda convinzione di essere del tutto inadatto al volo. Colpa delle distanze interiori, colpa delle passate esperienze che lo avevano reso pericolante ed inesperto, colpa dell'età che, anche a vent'anni, ti fa sentire qualche volta già fuori tempo massimo e totalmente privo di obiettivi. Agitava forsennatamente le bacchette con fare nervoso, poi, si fermava a scrutare la stanza di fronte a sé, facendole roteare tra i palmi aperti delle mani. Quando qualche passaggio si faceva troppo complicato, schiudeva le labbra con aria corrucciata e stringeva gli occhi tra le palpebre fino a renderli piccoli e concentrati. Forse più burrascosi. Come se i pensieri che vi aveva stipato dentro, vedendosi ridurre lo spazio vitale, facessero a gara per restare a galla ed affiorare in superficie. Di tanto in tanto, alzava la testa e fissava le pareti intorno, e senza prestarvi troppa attenzione, completava quella panoramica distratta e noncurante, soffermandosi su oggetti e persone. Non parlava molto, semmai sorrideva; perchè i sorrisi sì, possono anch'essi essere fonte di malintesi, ma per lo meno alleggeriscono le pieghe del volto. A prima vista, sembrava quasi provenire da tutto quello che nel mondo prende il nome di lontano. E questa lontananza era in lui contenuta nei movimenti, espressa nei gesti e nelle risonanze della voce che a stento riuscivo a percepire. Ogni volta che drizzava lo sguardo scagliava sassi aguzzi, appuntiti; prendeva la mira con infinita precisione, tradendo però un'espressione vulnerabile ed indifesa, stracolma di sottintesi. E se ne restava lì, sospeso in attesa di qualcosa di molto semplice, come di una promessa. Poi affogava nuovamente tra i suoi astrusi ragionamenti lasciando gli iridi estendersi in profondità, fino a diventare un pozzo, raramente attraversata da fulminei bagliori che faticosamente ne risalivano i fianchi. Ed era proprio in quei momenti che riaffioravano agli occhi le immagine più nitide: gli scoppi fragorosi di mille risate, i baci della buonanotte, la neve, i ritrovi affollati, le domeniche pomeriggio, le geniali intuizioni, i viali mattutini semideserti, i tetti della città, i crocevia delle sue partenze irrisolte; e una manciata di sentimenti che sono un po' la storia di tutti noi. Nonostante l'estate fosse alle soglie, Sam racchiudeva in sè le tonalità arancio e porpora dell'autunno inoltrato e solo guardandolo, si poteva sentire, sotto un incedere di passi, lo scricchiolio delle foglie cadute per terra, come note stonate, capitate per sbaglio su un pentagramma in chiave di Fa. Ma il suo suono non aveva voce: centellinava parole per poi tenersele strette tra i denti o lasciarle trasparire da ogni altro limite udibile. Ed erano parole che si trasformavano in battiti e colpi, fastidiosi come zanazare, polverosi come mucchietti di sabbia sottile, leggeri come gli equilibristi sospesi a trenta metri dal suolo. Mentre giocherellava intentamente con il pollice e l'anulare delle mano sinistra, nei lineamenti del viso, gli piaceva farsi piccolo e trafugare dalle sue stesse abitudini una sfacciata alienazione, perdendosi tra quei suoi battiti come un fiordaliso triste tra i campi di grano. E quando il mio sguardo incontrava il suo, vi frogavo dentro così tanto da capire che lui, a mio avviso, non aveva altra storia che quei suoi occhi color stagno.

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