giovedì 29 maggio 2008
Vicino
Ho fatto un giro strano oggi per tornare a casa. Ho camminato e camminato. Ho percorso tutto il Corso fino in cima; ho costeggiato la biblioteca comunale e mi sono diretta verso la fortezza. Ho allungato la strada sì, ma ero alla disperata ricerca di un'aria più fresca e leggera, un'aria che non si appiccicasse sulla pelle come resina; un'aria che penetrasse il cervello e lo sgomberasse da tutto, per poter accogliere un po' di sano vuoto. Ma dopo un giorno così, il vuoto non si addice alla mia persona e allora ho semplicemente lasciato che questo vento caldo mi scompigliasse i capelli e i pensieri, confondendomi le idee come a me piace. Ho ragionato su cosa significhi il termine "vicino". Negli ultimi tempi sono fuggita da qualsiasi tipo di vicinanza, fisica e non. Ritenevo potesse essere pericoloso e temevo di svegliarmi ancora una volta e scoprire all'improvviso che ciò che più avevo sentito vicino, in pochi attimi, era fuggito a millle miglia di distanza, creando un varco che mai avrei potuto oltrepassare da sola. Ma succede così! Dal nulla le paure si annullano e stemperano i loro effetti. E allora riscopri quanto possa essere inebriante perdersi nelle parole altrui, realizzando che proprio in quelle parole ritrovi un po' di te stesso. E senti a due passi da te, anche solo per un brevissimo squarcio di tempo, chi transita ditrattamente sullo sfondo della tua quotidianità. Ed allora ti fermi ed ascolti. E non così tanto per fare. Ascolti perchè effettivamente ti ritrovi a dar vita alle parole che senti, ad immagazzinarle nella memoria. E provi stupore...
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